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Francesca Della Giovampaola

Ultimo Aggiornamento: 04/10/2023 23:25
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"Ho lasciato la tv per il mio orto e vi spiego perché si vive meglio"
DI GAIA SCORZA BARCELLONA

Francesca Della Giovampaola ha scelto di studiare permacultura e si è lasciata il mestiere da reporter alle spalle. Ora su YouTube insegna l’amore per la terra e i suoi frutti nel Bosco di Ogigia
22 GENNAIO 2021
Se gli “amici del Bosco di Ogigia” sanno cosa vuol dire fare l’orto, creare uno stagno e che le “erbacce non esistono” è grazie a Francesca Della Giovampaola, permacultrice e youtuber. La padrona di casa è lei e ci racconta perché dopo dieci anni di televisione ha deciso di dedicarsi alla cura della terra. Senza però spegnere le telecamere. Oggi il suo set è la natura e nel suo canale online spiega cos’è la permacultura e perché ci aiuta a vivere meglio.

Com’è iniziata l’avventura?
“Sono cresciuta in un paesino, una frazione di Montepulciano, e da quel lembo di paese dove vivevano i nonni vedevo attorno a me solo campagna, vivendo tra l’orto e il pollaio. Per chi come me ha avuto la fortuna di avvicinarsi al mondo contadino, ormai scomparso, sa il valore che ha e quale tipo di benessere regala. A cominciare dal cibo, che aveva tutto un altro sapore...”.
Il ritorno dei giovani alle campagne fa più green l'agricoltura. E il sud è in prima fila

Quando ha deciso che la terra era così importante?
“Non sono nata contadina, ma a un certo punto della mia vita ho capito che avrei dovuto imparare a farlo. Quando i nonni non c’erano più, ho sentito di voler portare avanti quel che avevano fatto, imparando a occuparmi della terra. E pur vivendo a Roma il legame con la campagna è rimasto forte: appena posso scappo lì.”


E la permacultura?
“La permacultura è l’arte di progettare sistemi umani sostenibili copiando i modelli della natura. Mi ha cambiato la vita ed è inevitabile che sia così. Avere cura della terra è la base di tutto. Ce ne accorgiamo ora che stiamo finalmente prendendo coscienza della distruzione causata dai cambiamenti climatici, e di quanto questa sia legata ai nostri comportamenti. Non puoi affrontare disastri economici e sociali, se non hai un territorio che ti sostiene garantendo una qualità della vita. Ecco, la permacultura non insegna solo come impostare un orto, ma dà un metodo (e un’etica) che puoi applicare a tutti i campi della vita. Semplicemente perché si basa sul buon senso”.


Quindi la natura ci insegna a vivere?
“La natura ti indica la strada e piano piano ti accorgi che questa può essere intrapresa anche nelle questioni personali, cominciando con l’osservazione, per poi rivolvere i problemi”.


Da reporter tv a youtuber, tutta colpa dell’orto?
“Quando mi sono accorta che da giornalista avevo un messaggio da trasmettere ho cominciato a curare un blog per condividere quel che sapevo e che avrei voluto sapere. Poi, assieme a Filippo Bellantoni (esperto di social e video editing, ndr), abbiamo provato a usare le nostre conoscenze nel campo della comunicazione, studiando anche i network. Così la curiosità che avevamo verso la terra si è trasformata in un canale che ha incontrato la curiosità degli altri, fino a diventare una community.”


Il Bosco di Ogigia nel 2016 ha cominciato a farsi conoscere, fino a crescere quasi come una foresta. Oggi conta 90 mila follower su Facebook, 48 mila su YouTube e 16 mila su Instagram. Come li gestite?
“Ci diamo da fare e il lavoro è tanto. Negli ultimi mesi di lockdown, dovuto alla pandemia, abbiamo raggiunto 8 milioni di visualizzazioni sul canale YouTube. Il boom dimostra che in tanti hanno riscoperto il piacere di coltivare anche solo in giardino o in un angolo del balcone. Chiusi in casa ci siamo fatti compagnia e fare un orto è diventata un’attività positiva in un contesto così negativo”.


Un boom che vi dà da mangiare?
“Al momento il ‘raccolto’ arriva dagli introiti della pubblicità online. Ma stiamo iniziando alcune collaborazioni con investitori per la cura della terra e la gestione del frutteto, con l’idea di offrire video corsi su agricoltura, benessere e salute. Argomenti che sono inevitabilmente connessi. Per ora l’indirizzo etico è più importante del fattore economico. Non intendiamo fare spot, ma condividere quel che impariamo e che ci sembra in linea con i tre principi della permacultura: cura della terra, cura delle persone e condivisione delle risorse”.


Niente a che fare con il mestiere di influencer?
“Il Bosco di Ogigia nasce dalla terra e torna alla terra. È una questione di coerenza: crediamo che la qualità dei contenuti ora sia il fattore che premia sul web. Perciò proviamo a fare informazione al nostro meglio su una materia che ci interessa, studiando come cambiano le fonti e i linguaggi. Prima di farlo abbiamo osservato tanti youtuber per capire quale tipo di contenuti potevamo offrire. Nel mondo dei social network tutto evolve in modo molto veloce e non sappiamo bene quale sia la strada, però siamo convinti che sia un percorso da fare insieme a chi ci segue”.


La sostenibilità passa attraverso questa rete?
“Sicuramente sì, anche se non è facile. Voglio immaginare che la stiamo costruendo assieme alla nostra community, scambiando un sapere che si basa sull’esperienza. Se un video diventa virale siamo contenti, perché online i numeri sono importanti. Però non è questo a dettarci la linea”.


Nel Bosco di Ogigia si impara cos’è la pacciamatura o come fare una trappola naturale per mosche. Ma ci si trovano anche approfondimenti su Xylella o Covid-19. Quali sono i temi che hanno più seguito?
“Agricoltura e salute sono aspetti strettamente connessi. Se faccio lo sforzo di produrre il mio cibo in un determinato modo è perché questo avrà delle conseguenze positive sul mio organismo. Poi ci sono alcuni temi che sorprendono per l’attenzione che innescano, ad esempio il nostro ‘Avvocato nell’orto’, una puntata dedicata alle questioni legali andata molto bene. Alla fine a conquistare i grandi numeri sono sempre le tecniche e i rimedi naturali per i problemi più diffusi, dalle lumache alla compostiera”.


Non a caso il tutorial per creare una compostiera ha quasi mezzo milione di visualizzazioni. C’è una nuova attenzione per la terra anche da parte di chi non se n’è mai occupato?
“Il compost è una soluzione ‘radicale’ perché ti permette di usare le tue materie di scarto per dare il miglior nutrimento alle piante, azzerando lo spreco e riducendo i rifiuti. A Roma questa sensibilità è cresciuta per forza anche solo vedendo come la città è invasa dalla spazzatura. Avere una compostiera vuol dire ridurre il proprio impatto sull’ambiente. Se c’è una cosa che questa emergenza sanitaria globale ci sta insegnando è che il sistema del compra-usa-getta sta collassando e il compost è l’esempio più semplice di un’alternativa che abbiamo a disposizione per fare dei nostri scarti una risorsa. La community sembra avere colto questa opportunità”.


Braccia rubate alla community, più che all’agricoltura?
“Possiamo definirlo uno scambio, ossia agli utenti noi forniamo informazioni e da loro prendiamo informazioni. Avere un pezzo di terra e poterlo condividere su internet mi ha aperto tante possibilità, non solo professionali. Soprattutto per creare una rete sociale, che è il presupposto per vivere meglio.”



A proposito di rete, il Bosco di Ogigia ha aiutato Cane Secco a creare un orto in città, insegnando la permacultura anche a Guglielmo Scilla. Tra youtuber non c’è competizione?
“Ci siamo divertiti un sacco con Slim Dogs… la collaborazione viene spontanea ed è importante per far vivere questa rete sociale online. Forse chi diventa famoso può non sentire il bisogno di confrontarsi con altri che hanno meno follower, ma in generale - nonostante la vocazione individualista di YouTube - questo è un mondo che si avvale di collaborazioni. Ci si aiuta volentieri e ci teniamo a far crescere quelli che ci piacciono e che consideriamo complementari”.

E dalla terra invece cosa nasce?
“Possiedo 2600 metri quadrati coltivati soprattutto a frutteto, con piante perenni, dove raccogliamo dalle susine ai topinambur e fino allo zafferano. Ma senza recinto: è un campo aperto integrato con l’abitato, che accoglie chiunque passi sulla strada e voglia assaggiare i suoi frutti o attraversare l’erba alta. La porzione non coltivata offre una varietà di erbe spontanee ancora tutte da scoprire. Chi ha la fortuna di fare questa esperienza sa bene che se non devastiamo la terra, questa può offrirci molto più di quanto non immaginiamo”.


Insomma, un piccolo paradiso terrestre?
“Sì, il mio. Ma il bello è che chiunque può scegliere di coltivarne uno”.


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